martedì 30 settembre 2008

Ri - Rifondazione comunista


Dopo tanto tirare alla fine la corda si è spezzata.

Ebbene si, da qualche mese non siamo più i fortunati finanziatori di partiti come Affondazione Comunista, Consumisti Italiani e Verdi di Rabbia. La Sinistra l'Arcobaleno (sic) ha fallito miseramente la soglia di sbarramento alla camera del 4% ed addirittura quella al senato dell'8% (anche in regioni come liguria, emilia-romagna e toscana), quindi è ufficialmente (e finalmente) fuori dal parlamento italiano.

Non che se ne senta la mancanza, per carità.

Sarebbe tuttavia interessante valutare il percorso che ha portato una coalizone di partiti che smuoveva qualcosa come 8 milioni di elettori (11%) ad arrivare alla disfatta con 2 milioni di votanti e percentuali intorno al 3% (scarso). E' un percorso sicuramente NON lastricato di buone intenzioni, i cui risultati sono riusciti a rivelarsi addirittura più negativi di quello che i singoli si erano sforzati di ottenere.

Per raccontare questo percorso si può partire da tanti punti, quindi perchè non partire dalla fine?

E' la sera del 14 aprile 2008. Ex-sessantottini militanti, rivoluzionari che dicono di ispirarsi ai partigiani della resistenza e incalliti fumatori di sigari cubani si trovano tutti per prepararsi a festeggiare i risultati delle elezioni politiche. Dove, direte voi? In un centro sociale? In una comune? In un quaritere disagiato della periferia di Roma? Sotto un monumento ai caduti? In una sede del Partito? Vabbè dai, in una piazza? In un parco? Dove?

Ma no, che avete capito? All'Hard Rock Cafe di Roma! Perchè "ffa ggiovane". A sorseggiare mojito e cuba libre (da 8 euro l'uno) pensando all'amico Fidel e al compagno Trotsky, e sentendosi dei piccoli rivoluzionari con la sciarpina di Kashmir. A sventolare bandiere rosse su via Veneto, perchè anche la rivoluzione si può fare coi guanti di seta.

Questa semplice situazione, che definire grottesca è dir poco, basterebbe per rappresentare ed esemplificare l'intero percorso dello sfascio della sinistra italiana.

Un percorso costante di alienazione verso l'unico referente che dovrebbe avere un partito (a maggior ragione di ispirazione comunista): la popolazione.

Un cammino (iniziato da parecchi anni) di continuo distacco, di perdita di contatto con il proprio elettorato, di elucubrazioni sul "pvoletaviato", sulla proprietà privata, sul marxismo, sulla lotta di classe, affrontato sorseggiando ottimi vinelli nei salotti buoni della società romana.

Ma torniamo alla serata a tempo di musica "ggiovane" dell'Hard Rock Cafè di Roma. Le prime proiezioni iniziano ad arrivare (gli exit-poll per non scontentare nessuno davano grosso modo le stesse percentuali delle scorse elezioni).

E' il disastro.

Ora, quello che ciascuna persona con un minimo di dignità avrebbe fatto di fronte a quei dati sarebbe stato precipitarsi a casa, chiudere bene porte e finestre e non tirare fuori il naso neanche una settimana dopo. Invece no, i compagni sinistri si affrettano a commentare a caldo, anzichè nascondere la testa sotto la sabbia.

Da un prima analisi la colpa del clamoroso fiasco è tutta dell'ex compagno Walter. Il gaglioffo, geloso dei loro successi, li ha boicottati miseramente, invitando il povero elettorato inconsapevole al voto utile e sottraendo al Partito i voti necessari alla giusta rivoluzione proletaria. Qualche dissidente invece è convinto che il problema sia chiaramente stato quello di unire i tre partiti in uno solo, aiutato nell'analisi dal paragone con quello che successe alla gloriosa unione sovietica, il gigante dai piedi di argilla. Dopo qualche ora però fortunatamente si scopre la verità, per bocca di un altro scaltro commentatore. E' colpa del nuovo simbolo, che, seppure ricco di classe e chic al punto giusto, ha tralasciato l'ormai storico emblema della osannata rivoluzione socialista, la falce ed il martello, e gli elettori si sono sentiti spaesati. A tarda serata qualche sparuto ed intrepido analista (sicuramente in malafede) prova addirittura a buttare lì un presunto "distacco col pvoletaviato".

La realtà, che purtroppo tutti ben conosciamo, è che il partito ha completamente perso credibilità di fronte ai suoi elettori. I vari Bertinotti, Diliberto, Giordano, Pecoraro Scanio si sono affannati nel tempo a discutere di problemi attuali forse nella russia di fine ottocento, più che nell'Italia del 2008. Hanno sfoggiato un incredibile distacco dalla realtà e dalle sue tematiche. Hanno dimostrato non solo di non sapere proporre risposte concrete a problemi di tutti i giorni, ma nemmeno di sapere riconoscere ed analizzare questi problemi.

Durante la campagna elettorale non sono stati in grado di dare risposte alle tematiche che ponevano i cittadini: sicurezza (anche solo per dire che il problema non esiste), lavoro, sanità, abitazioni, mutui, aumento dei prezzi, immigrazione.

Niente di niente. Nemmeno capaci di raccontare frottole, intenti come erano a parlare di lotta di classe.

Invece se c'è qualcuno che (sembra) avere preso sul serio i rifondaroli questo è stato il partito dei prescritti in libertà (o meglio, i suoi elettori). I partiti di destra hanno infatti pestato particolarmente su alcuni tasti durante la campagna elettorale, cioè quello del pericolo rosso, del "comunismo al potere da 50 anni" (mentre grosso modo dal dopoguerra sono stati al governo un paio d'annetti), tali da domandarsi a chi abbia veramente giovato la candidatura di questa formazione alle elezioni.

Tornando a quella sera, il resto è storia. Il disasto totale, la fuoriuscita dal parlamento, le dimissioni di Bertinotti, le scissioni e così via.

Ecco, se un punto di cui essere soddisfatti esiste, questo è proprio a favore del compagno Fausto. Intendiamoci, le sue responsabilità restano gravissime. Dalla caduta del primo governo Prodi alla disastrosa gestione del partito negli anni a seguire. Dal continuo ricandidarsi come segretario anzichè lasciare il posto a facce nuove alle decisioni irrispettose prese verso i propri elettori (ad esempio riguardo ai finanziamenti di guerra). Per non parlare poi delle infinite e insopportabili comparsate a "Porta a Porta" per discutere dell'abolizione della proprietà privata. Sembra addirittura sia stato invitato più volte di Berlusconi (forse perchè più bravo di lui a spostare voti a destra). La responsabilità più importante è tuttavia quella di avere fatto pochissimo di quanto promesso sul piano sociale (precariato in primis).

Detto questo un merito bisogna comunque attribuirglielo: sembra si sia finalmente levato di torno.

Ebbene si, siamo arrivati a questo punto: dovere rallegrarsi quando un settantenne che ha portato il proprio partito allo sfacelo decide di rassegnare spontaneamente le dimissioni a favore di qualcuno più giovane. In tempi come quelli attuali bisogna rallegrarsene e festeggiare con sommo gaudio, sperando magari che qualcun'altro, qualcuno americano a parole ma poco a fatti, prenda il buon esempio e dopo avere trascinato il proprio partito alla sconfitta, si dimetta per fare un bel viaggetto in qualche paese, ad esempio in Africa (sperando che non faccia i danni che ha fatto qua alla sinistra perchè non ne hanno bisogno).

Due ultime parole. Quale futuro possono avere le formazioni che si unirono nella sciagurata alleanza "la Sinistra l'Arcobaleno" (mi piacerebbe discutere con qualche accademico della Crusca riguardo a questo nome) (o con qualche esperto di marketing e comunicazione)?

Nessuno. L'unica opportunità di salvare un minimo di consenso è un completo ripensamento (una rivoluzione, compagni) dell'intera struttura organizzativa. Dirigenti nuovi, quadri nuovi, organizzatori nuovi. Possibilmente giovani. Gente capace di riottenere il consenso perso su base territoriale, di mostrare le proprie competenze e le proprie idee (possibilmente nuove) sui giusti canali di comunicazione.

Prendere l'albero, sfrondarlo, tagliarlo via tenendo magari le radici buone e trapiantarlo su terreno fresco e fertile.

Cosa che, viste le attuali dirigenze, mi sembra impossibile.

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