Orbene, dopo anni di tagliare tassi e raschiare il barile le organizzazioni che vigilano (o dovrebbero vigilare) sull'economia mondiale si sono dovute arrendere: la crisi c'è e anche nascondendo la polvere sotto il tappeto, questa rimane comunque in giro per casa. E l'aria è irrespirabile.
Nella settimana dal 6 al 10 ottobre 2008 si è avuto uno dei peggiori crolli che la finanza mondiale abbia mai registrato dai tempi della grande depressione.
I mercati di tutti i paesi industrializzati hanno perso decine di punti ciascuno.
L'analisi delle cause di questa situazione non è sicuramente facile ne tantomeno sicura. I fattori che sono entrati in gioco sono tanti e difficili da attribuire.
Dalle guerre che stanno destabilizzando il medio-oriente in questo inizio secolo, alle discutibili politiche sui mutui americani, dallo scellerato ricorso a strumenti finanziari strutturati e derivati da parti di banche e istituzioni, all'apertura (senza una adeguata preparazione) a mercati molto competitivi come quelli cinesi e indiani, e così via.
Studiare i motivi di questa crisi è quindi molto complesso e per ottenerne un resoconto affidabile sarebbe necessario consultare esperti di economia, finanza e politica sociale, cosa che immagino stiano cercando di fare anche le istituzioni di controllo per arrivare al nocciolo del problema.
Quello che in questa sede possiamo fare è provare a prevederne i risultati e valutarne eventuali responsabilità (per quanto ci è dato conoscere), nonchè analizzare il fenomeno nel suo complesso.
Che cosa succederà è presto detto: i governi di tutti i paesi industrializzati stanzieranno aiuti di stato per salvare i mercati e l'economia ed evitare una crisi come quella del 1929, che fa paura a tutti, anche a quelli che l'hanno causata.
Chi ci perderà? Facile anche questa. Noi tutti. Tutti quelli che dovranno pagare, tramite tasse e strozzinaggi vari, i contentini per salvare le varie banche e i vari istituti di speculatori. Noi, che nonostante questi aiuti ci buscheremo comunque dei rialzi da capogiro in molti settori, come quello bancario e assicurativo, e che se, come credo, i mercati delle merci ne risentiranno, avremo aumenti anche nel prezzo dei beni di comsumo.
Chi vincerà? I soliti. Coloro che hanno fatto le cicale fino ad ora, fregandosene dell'inverno e sperando (a ragione) che come al solito alla fine a pagare siano sempre le formiche. Manager di banche che hanno venduto aria fritta per intascarsi le stock options. Banche che hanno venduto derivati a chi non sa nemmeno cos'è un obbligazione e mutui a chi non può pagarli, ma ora beneficieranno degli aiuti per salvare la nostra povera economia. Brokers ancora una volta pronti a godersi i guadagni delle speculazioni ma elemosinanti salvagenti quando le scommesse vanno male. Furbetti che comprano adesso che i prezzi sono crollati essendo però sicuri che qualcuno rimpinguerà profumatamente le tasche alle povere aziende fallite.
Andando in cerca di responsabilità si rischia di perdersi in quelle dei singoli, come quelle italiane con la "finanza creativa" (vedere la puntata di report del 14 ottobre 2007, un anno fa, per credere), ma il discorso che si deve fare è più ampio, e coinvolge la definizione stessa di capitalismo.
I paesi industrializzati (america in primis) si sono vantati per anni di attuare il fior-fiore del capitalismo perfetto. Con un dollaro investito oggi puoi essere un signore domani. Self-made man.
Io investo e rischio i miei soldi, li faccio girare, speculo e non ho bisogno di nulla, quindi voglio che tu stato mi chieda il meno possibile (altrimenti in italia ci si sente moralmente costretti ad evadere come disse un noto premier). Libera impresa in libero mercato. Non voglio controlli o ingerenze, il mio fine è il profitto e lo inseguo come meglio mi pare.
Non sono un privilegiato, se gli investimenti mi vanno male, da ricco milionario rischio di diventare da un giorno all'altro barbone, homeless. Sono sempre pronto, se accetto il sistema capitalistico, a pagare, dall'oggi al domani, magari per uno sbalzo del mercato dovuto a una bufala, prezzi salati.
Tutto questo per me ci sta. Non ho nulla contro chi rischia i propri soldi e cerca di trarne guadagno. Anzi, potrei persino averne ammirazione e rispettare un sistema meritocratico come quello capitalista.
Il problema è che però, quando i nodi vengono al pettine, che succede? Hai sbagliato? Paghi.
Qui invece no, tutti a tirare indietro la manina. Tutti a invocare lo stato salvatore. Tutti a urlare alla crisi, a chiedere in ginocchio di salvare l'economia, se no peggio per voi.
E lo stato cosa fa? Paga.
Cosa dovrebbe invece succedere per le regole del capitalismo? Chi ha sbagliato paga: le aziende falliscono e tutti a casa. Chi ha commesso atti fraudolenti in carcere (e non qualche mese, ma anni). La prossima volta eviteranno di fare ciò che hanno fatto. L'economia crolla? Pazienza. Questo è il capitalismo. A volte con 100 dollari fai un impero, a volte fallisci miseramente.
Alternative? Non dentro al capitalismo (se non in quello reale, col culo degli altri) (il nostro).
L'alternativa (fuori dal capitalismo cieco) ci sarebbe, ed è che lo stato paghi sì le banche, ma poi queste diventino di sua proprietà (nostre). In questo modo magari le stesse smetteranno anche di strozzinare i clienti con scoperti di conto corrente del 15% e interessi del 0,025%. Magari la smetteranno di rifilarci titoli bufala per lucrare coi nostri soldi. O almeno a guadagnarne sarà lo stato (cioè noi) e non qualche manager con stipendi milionari e responsabilità nulle.
Purtroppo questo non avverrà mai sia per l'ipocrisia di chi ha proposto e supportato questo modello di capitalismo "perfetto" (solo a parole) senza volerne pagare le conseguenze, sia per l'enorme potere e influenza politica che le banche ancora detengono, nonostante i presunti fallimenti e bancarotte.
Per finire una bella favoletta che ben riassume l'accaduto in termini monetari subito comprensibili per capire come finiranno queste "perdite in borsa" (che perde sempre ma non si sa mai chi guadagna).
Cosa succederà alla fine? Che per tutelare i 1000 euro che ho in banca dal suo fallimento dovrò spendere 1000 euro in tasse (o aiuti di stato) per salvare la suddetta banca. In sostanza non solo i miei 1000 euro non ci saranno più ma dovrò anche tirarne fuori altri 1000 sperando fiducioso che almeno questa volta li trattino meglio.
Business as usual.